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Biolevano. Ambientalisti critici: «Un errore aprirlo»

La Guardia di Finanza ha accertato una maxi-truffa da 143 milioni di euro in danno dello Stato per incentivi che non avrebbero dovuto essere incassati. La biomassa utilizzata per larga parte non rispettava i criteri voluti dalla legge. Tredici le persone indagate, undici delle quali sottoposte ad arresti domiciliari e obbligo di firma. Ieri l’attività dell’impianto che si trova sul confine tra Olevano e Castello d’Agogna si è svolta regolarmente: nel parcheggio antistante la struttura una dozzina di auto, in giro nessuno e tanta tensione nell’aria. L’autorità ha nominato un amministratore giudiziario che reggerà le sorti dell’azienda sino a quando la vicenda non sarà chiarita ma è evidente che ci sia preoccupazione per il futuro.





Nel 2010 il Tar aveva dato ragione ai ricorrenti lomellini, ma la Biolevano aveva presentato un controricorso e, nella primavera del 2011, il Consiglio di Stato aveva annullato la sentenza del Tar dando via libera al completamento della costruzione della centrale a biomassa legnosa, con allacciamento alla rete di trasmissione nazionale che permetteva di immettere l'energia rinnovabile prodotta e di venderla sul mercato. La produzione di energia netta, prevista a regime, era pari di 18 megawatt elettrici: sei gli ettari di superficie, di cui due terzi destinati allo stoccaggio della biomassa. L'impianto era stato progettato per soddisfare il fabbisogno annuale di energia elettrica di oltre 50mila abitazioni "a impatto zero", evitando l'emissione in atmosfera di circa 100mila tonnellate annue di anidride carbonica rispetto a un analogo impianto a carbone.





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